Il Marco Polo si racconta

    Il Marco Polo si racconta

    Nella speranza, un giorno…

    Ed il cuore iniziò a tremare alla sola vista della sua chiave, ricolmo di lacrime si ribellò nel petto con tutta la forza che possedeva. Feci scorrere quella chiave nella serratura immaginaria del cuore, chiudendolo ancora una volta, per poi nasconderla nei meandri più segreti e profondi di me, dove nessuno l’avrebbe trovata: solo così sarei stata al sicuro. Desideravo mettermi al riparo da un male forse inesistente creato solo dal mio subconscio, da un insieme di paure miste a consapevolezze: non volevo che il mondo mi vedesse, che conoscesse la parte più abissale di me, tremendamente spaventata all’idea che quanto di più prezioso esiste in me potesse cadere nelle mani sbagliate.
    Tutti i sogni sono in quel cuore
    tutte le emozioni sono in quel cuore
    così come i dolori e le insicurezze, le lacrime e le parole soffocate
    è tutto nel mio cuore, al sicuro, sotto controllo: non posso permettere a qualcuno di ferirmi, concedendo una chiave che sarebbe poi diventata una lama affilata se utilizzata dagli indegni. Quella chiave è, però, al contempo, il coltello tramite il quale frugo dentro me stessa, alla ricerca di emozioni indefinite e confusionarie, di un carattere che ancora cerco di comprendere, di sensazioni che non so riconoscere e di pensieri che faticano ad uscire.
    Non posso permettermi di ferirmi e non posso permettere a nessuno di farlo al posto mio, perciò, ancora una volta, chiudo il cuore come uno scrigno, nella speranza, un giorno, di avere il coraggio di donare la mia chiave a qualcuno. Mi piace pensare che, se il destino vorrà, metterà sul mio cammino un’anima cui non servirà un permesso per entrare in quel luogo segreto, con un senso di empatia così forte da fondere i nostri cuori in uno solo e risolvere, una volta per tutte, il grande caos che alberga dentro di me.

    Giada Amoruso, 4D