Il Marco Polo si racconta

    Il Marco Polo si racconta

    Il caos. In fondo ci spero.

    Avete mai notato quanto a volte possa sembrare stranamente familiare il viso di uno sconosciuto?
    Quei volti spiccano fra la folla, sì, ma non restano. Io non li ricordo tutti quei visi, mi ricordo la sensazione.
    In qualche modo li riconosci, risaltano.
    Allora cosa fai? Cercando di non dare troppo nell’occhio ti concentri su quel volto, spesso non riuscendo a decifrare il perché di quella strana sensazione di casa.
    Quasi hai voglia di studiarla per un altro po', affittare un minuto, prenderlo in prestito da qualcuno, solo per avere il tempo di riflettere, di collegare.
    Io certamente so di non credere al destino, eppure, tutte le volte che sono colta da questi ‘déjà-vu’ mi ritrovo a dubitare, a mettere in discussione ogni sciocca teoria.
    Perché tutto è casuale, ma deve esserlo per forza?
    Non ci credo al caso, ma in fondo ci spero. Non me lo spiego. Mi vien voglia di conoscere e di scoprire, vedere dove il mistero mi porta. Vedo quei volti davanti a me; ci separano una manciata di passi, un paio di metri, e dato che fra i due “la strana” ad aver riconosciuto un volto sconosciuto sono io, ci passiamo accanto ognuno sulla sua strada. Ora dovrei stare attenta a non fissare, altrimenti l’altra persona mi vede, non capisce e quasi si spaventa.
    Si confonde.

    Fai finta di niente, mi dico, sii disinvolta. Male che vada riceverò un’occhiataccia e poi potrò tornare alle mie faccende con uno strano senso di disagio. Te lo garantisco: passa tutto, per così poco! Nel giro di qualche momento me ne sarò già scordata. Per quel che vale, mi scuso con te, se erroneamente ti ho salutato. Mi scuso con te perché il tuo viso mi ricordava altro. Aspetto il momento in cui capiterà a te e ti ricorderai di me.

    Lisa Mazzanti, 3M