Il Marco Polo si racconta

    Il Marco Polo si racconta

    Devo. Non riesco a farne a meno

    Muovo la mano lentamente, senza pensare a nulla.
    Lei si muove da sola. Potrei chiudere gli occhi, continuerebbe a fare il suo lavoro senza problemi.
    L'immagine che devo rappresentare è precisa in testa, l'ho memorizzata ed è ferma lì. Non si muove.
    Il colore sulla punta del pennello incontra il vetro.
    È la prima volta che provo a colorare su un materiale diverso dalla carta, e l'ansia di sbagliare e non riuscirci è tanta.
    Ma nulla mi può fermare.
    Appoggio la punta.
    Si inizia.
    Il colore rimane fermo ed io decido di aiutarlo a muoversi, lo espando più che posso, finché non mi tocca intingere di nuovo il pennello col colore.
    Faccio partire un po' di musica e istintivamente il mio corpo si muove con lei: il pennello inizia a seguire il ritmo della canzone.
    Prima lento, poi più veloce.
    Si ferma la musica, mi fermo io.
    È rilassante… Mi aiuta a svuotare la mente e mi permette di divertirmi.
    Non disegno perché voglio disegnare, lo faccio perché devo. È un po' come respirare, se smetto, non vivo. È una droga e non riesco a farne a meno.
    E non mi interessa far vedere i miei lavori, non mi importa il vostro giudizio, che sia una critica o un commento piacevole.
    Ho bisogno di queste poche ore in cui divento un tutt'uno con il lapis, col foglio.
    Quelle ore perse a scegliere il soggetto del disegno, quelle ore dove mi arrabbio perché ho sbagliato una riga e devo ricominciare da capo, le volte in cui impazzisco perché non trovo la tonalità di colore giusta.
    Ma allo stesso tempo vivo un sogno, rido e canto, mi rilasso, ignorando lo studio, i compiti.
    Io ho bisogno di questi momenti.
    Almeno una volta al giorno, devo dare vita ad un nuovo disegno.

    (Alice Maestrini, 3H)