Il Marco Polo si racconta

    Il Marco Polo si racconta

    Note di sconosciuti da scatole abbandonate

    Sono già a letto. Sono sfinita.
    Ma ho tanta voglia di ridere. Come ho tanta voglia
    di coccole. Come oggi pomeriggio avevo tanta
    voglia di piangere. Insomma, tempo marzolino.
    Ho una sigaretta in mano. Di quelle che
    fumavi tu quando sei partito.
    E avrei ricevuto volentieri e riceverei ora volentieri
    un “ciao sono Marino” dalla tua voce.
    ..….
    Ci sono una serie di tramonti dolcissimi
    in questi giorni
    …….
    Mi porto dietro un libro e fogli. Mi siedo su un muretto tra gli ulivi da dove si vede tutta Firenze e medito.
    …….
    Stasera era molto bello. Bello anche perché ho sentito davvero crescere questa serenità (pure così piena di bene-male chiaro-scuro)
    e gli odori erano intensi e talmente curiosi del mondo che avresti pensato di scorgere qualcuno sbucare da qualche angolo.
    Forse avremmo passeggiato bene
    insieme stasera.
    E il silenzio sarebbe stato la nostra
    compagnia.
    Un sasso immobile
    che si lascia sfiorare con un sospiro
    dalla luce più rosa.
    ……
    È molto: da questo ricordare che mi viene la voglia di fare qualcosa. Ottimismo.
    Questi giorni credo che mi siano serviti molto.
    Credo di avere tante cose nuove. E di avere tante cose in più di quello fatto insieme.
    Ricordo una cena in Via Volti con M. che mi tenorizzava con le operette Morali. E io avevo un crocifisso. Ricordo un pranzo da Mario con tanto male di stomaco di Marino e si cantava Bianco Natale. Ricordo una sera a studiare vicini prima di una mattinata impegnata. Ricordo un thè (una mattina) fuso a letto. E Montale prima di dormire. Ricordarmi il mio imbarazzo per una camicia azzurra. Ricordo delle mattine troppo precipitose.
    Ricordo telefonate tardi col mio batticuore e la tua voce educata.
    Ricordo la sofferenza di stare vicini e credere di non poterci aiutare (e sarebbe bastato guardarsi negli occhi un po' sai?).
    Le nostre favole. (tante) mie. (poche ma tante) le tue.
    Ho addirittura comprato la R6. Tanto ho Marino vicino.
    E (se avevo tempo) ho sognato di stare nella tua stanza e di toccare le tue cose e di sedermi ad ascoltare e leggere nella luce che è tua.
    Elisabetta, tu con queste tue lettere così genuine e con le note dei tuoi diari di cui ho qui trascritto le mie preferite.
    Non solo mi hai incuriosito inizialmente, mi ci sono proprio ritrovata nelle tue parole. Nei tuoi sbalzi d'umore scostanti, nei tuoi continui estemporanei innamoramenti. E guardare il mondo dal tuo punto di vista così assurdamente poetico struggente, mi ha cambiato. Mi ha stupito, perché siamo tanto lontane, io e te, Elisabetta, nello spazio e nel tempo. Eppure, tu non lo sai, ma io ti ho conosciuta. L'ho fatto involontariamente, sono caduta nel tuo mondo, Elisabetta, mi hai risucchiato. Però è successo senza il tuo permesso, con te all'oscuro di tutto mentre io alla luce del sole ti leggevo. Non te lo sto neanche a dire come ti ho scoperta.
    Mi dispiace, probabilmente non saresti molto contenta. Però mi piacerebbe conoscerti dal vivo, o averti conosciuta, non so.
    Non penso di essere neanche l'unica. Tutti quelli che hanno letto e si sono ritrovati nelle tue parole, scambierebbero piacevolmente due parole con te.
    Per esempio, Elisabetta, mi piacerebbe sapere se alla fine sei diventata una scrittrice e spererei di sentirti rispondere sì.
    Perché loro non sanno, no quel racconto non l'ho voluto trascrivere qua, quello di Teseo...ricordi? A parte io e te, chi altro lo conosce? Probabilmente nessuno, vero? Peccato, sai. É stupendo, davvero.
    Intanto ci hai regalato questi sfolgoranti estratti.
    Tuttavia, per me non finisce qui.
    Arrivederci, Elisabetta.

    (Gaia Pisanello, 3M)