Il Marco Polo si racconta

    Il Marco Polo si racconta

    Una carrozza che va

    Sono stanca.
    Sono stanca e stufa e nemmeno io so di cosa e il perché. Mi sento solo più stanca di prima. Eppure, dormire dormo, anzi, dormo molto di più. Ma non serve: le mie palpebre continuano a chiudersi da sole, il mio corpo si muove più lentamente e fatica a fare qualunque cosa.


    Sono stanca.
    Persino muovere una mano per mettermi gli occhiali è diventata un’azione sfiancante. Si tratta solamente di alzare un braccio da sotto le coperte. Solo questo piccolo movimento mi pare faticoso, solo l’idea di dovermi alzare mi fa venire voglia di sbattere la testa al muro.

    Sono stanca. Lo sono di andare a scuola. Non sento più quella foga che prima mi trascinava. È sempre stato faticoso stare 6 ore seduta ad un banco, seguire e prendere appunti, ma prima ci riuscivo. Ora non riesco più.
    E se prima ottenere bei voti mi soddisvaceva per giorni e giorni e mi spronava a continuare, ora quella soddisfazione dura tre ore. Giusto il tempo di farmi realizzare che voto è.

    Sono stanca.
    Stanca persino di uscire coi miei amici.
    Persone fantastiche ed uniche. Difficilmente ne trovi di persone così. Divertenti, gentili, strane proprio come me. E di nuovo, sento una stanchezza che mi dice “Non muoverti dal letto. Oggi non uscirci.”

    Sono stanca.
    Stanca di disegnare, una passione che ho da quando ero piccola.
    Leggere, poi, è diventato quasi doloroso.
    Ciò che faccio, è stancante.

    Mi sono sempre immaginata sopra una carrozza che va. Io tengo le redini dei cavalli e loro corrono sotto il mio comando.
    Non serve nemmeno spronarli ad andare più veloce; lo fanno da sé.
    Ora sono fermi. Immobili. A malapena alzano la testa per bere o mangiare. Non rispondono ai miei richiami e non vogliono alzarsi.
    Perché, mi chiedo. Perché non vi muovete? Perché non mi trascinate più come prima?
    Vi prego, ripartite.

    Alice Maestrini, 4H