Il Marco Polo si racconta

    Il Marco Polo si racconta

    Stampelle

    Un saltello più avanti, poi un altro.
    Su per le scale, uno e due… mi aggrappo con tutte le forze al corrimano.
    Mancano pochi scalini e poi c'è lei ad aspettarmi: la mia sedia, il banco con le rotelle.
    Ecco, sì, riprendo la stampella e mi sforzo ancora un po'.
    Il muscolo della mia gamba va a fuoco, sembra urlare di smettere di dargli peso.
    Mentre mio padre mi spinge, mi sembra di veder passare tutto a rallentatore: ora sono qui, a sedere, costretta a chiedere aiuto a chiunque, perché da sola non posso muovermi.
    Mi alzo e devo chiamare qualcuno per andare in bagno; mi siedo sulla sedia e devo chiedere a qualcun altro di prendere la stampella. Scendere le scale per andare in palestra? Qualcuno deve per forza portarmi lo zaino.
    Sono stata costretta a salire su un palco, spinta su con la forza. Mentre al circo decido quando è il momento di far aprire il sipario, ora mi puntano una pistola e mi fanno entrare in scena.
    Accendono i riflettori e li mandano addosso a me, e qui, diventa inutile cercare di coprirmi il viso. Tanto sanno chi sono. "Scusa" e "ti tocca starmi dietro, mi dispiace" sono le uniche parole che riesco a dire, mentre sono ferma.
    Camminare normalmente, ritornare ad appoggiare il piede in terra senza l'aiuto delle stampelle, sembra un obiettivo lontano, troppo.
    Non vedo l'ora di poter scendere da qui, riuscire di nuovo a fare da sola.
    Non vedo l'ora di poter smettere di chiedere aiuto per ogni singola cosa.

    Alice Maestrini, 4H